mercoledì, maggio 24, 2006

Riflessioni [2]

Iniziami ora a rileggere i versetti 8 e 10.

“8 Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. 9 Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. 10 Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi.” (1Giov 1:8-10 NRV)

Dobbiamo riconoscere i nostri peccati, e poi, dobbiamo confessare quei peccati. Il perdono di Dio è legato al fatto di veramente confessare i nostri peccati.
Perciò, è estremamente importante comprendere il vero senso della frase: “confessare i nostri peccati”, perché da esso dipende il nostro perdono.
Quando la Bibbia parla di confessare un peccato, vuol dire assumersi la piena responsabilità per quel peccato. Questo principio è tutta un’altra cosa che solo ammettere un peccato. Ci sono tante persone che ammettono i loro peccati, ma non si assumono la piena responsabilità per quello che hanno fatto. Si scusano, usando tanti ragionamenti ben fatti, per riuscire a spiegare il perché sono arrivati a quello che hanno fatto. In questo modo, cercano di rendersi meno colpevoli di quello che in realtà sono.
Però, ammettere un peccato non è la stessa cosa che confessare quel peccato. Questo versetto ci insegna che Dio perdona chi confessa il suo peccato. Perciò, è chiaro che Dio non perdona chi solo ammette un peccato. Questo è perché chi solo ammette un peccato, non è veramente ravveduto.
Vi do un triste esempio di un uomo che ha ammesso un peccato, senza però veramente confessarlo. Un uomo sposato ha commesso un peccato di immoralità. In seguito, quando gli era ormai impossibile nasconderlo, ha ammesso di averlo commesso dicendo delle frasi come queste: “sì, ho fatto quello, e riconosco che è stato qualcosa di terribile. Mi pento tanto di quello che ho fatto. Però, mia moglie non è stata una buona moglie. È sempre stata molta litigiosa e non mi ha mai incoraggiato. Perciò, sono arrivato al punto di essere molto scoraggiato per colpa sua, e in un momento di debolezza, ho commesso quel peccato.”
Amici, quell’ uomo non ha veramente confessato il suo peccato. Egli ha ammesso quello che ha fatto, ma poi, ha aggiunto il suo ragionamento, per cercare di convincere tutti che lui era stato una vittima delle circostanze. Avendo parlato in quella maniera, quell’uomo ha cercato di rendere sua moglie parzialmente responsabile per il peccato che lui ha commesso. Non poteva negare i fatti, perciò, cercava di negare la sua piena responsabilità per quello che aveva fatto. Quello non è confessare un peccato. E perciò non avendo confessato il suo peccato, non ha ancora ricevuto il perdono di cui ha così tanto bisogno.
Un altro modo che spesso usiamo quando ammettiamo i nostri peccati anziché confessarli è quello di cercare di giustificarci per quello che abbiamo fatto usando ragionamenti. In altre parole, ammettiamo di aver fatto la cosa, ma poi ci scusiamo, spiegando che questa o quell’altra situazione ci hanno spinto a farlo. Per esempio, uno potrebbe dire: Sì, ho parlato con cattiveria. Però, è da giorni che stavo sopportando la sua cattiveria senza dire niente. Non c’è la facevo più, e mi sono scoppiato.
Ma è le stessa cosa, è un modo di non assumersi la piena responsabilità del peccato commesso, e facendo così non si considera quel peccato nella sua gravità. Questo modo di agire e comportarsi non è assolutamente confessare il peccato e quindi vuol dire che, non avendolo confessato, Dio non ci darà quel perdono di cui abbiamo tanto bisogno.
Per capire meglio cosa vuol dire veramente confessare un peccato, leggiamo il Salmo 51. Questo Salmo fu scritto da Davide, il re d’Israele, che aveva peccato commettendo adulterio con Batsceba. Dopo aver peccato, quando scoprì che lei era rimasta incinta da quell’atto, Davide ordinò la morte del marito di lei, rendendosi così colpevole anche di omicidio.
Per capire la situazione, ricordiamo che Davide aveva varie mogli, e non sempre andava d’ accordo con loro. Infatti sappiamo con certezza che Davide ebbe grossi problemi con Mical, una delle sue mogli.
Se Davide non fosse stato veramente ravveduto, come non lo era l’uomo di cui ho parlato prima, avrebbe potuto ammettere il suo peccato, però scusandosi, spiegando che dopo tanto tempo di difficoltà con sua moglie si trovava in un momento di debolezza.
Però, Davide si è ravveduto veramente. Perciò, quando confessa il suo peccato, non si scusa minimamente. Non si giustifica con alcun ragionamento per ciò che ha fatto. Egli si assume tutta la colpa, e tutta la propria responsabilità per aver commesso quel peccato. Leggiamo la confessione di Davide in Salmo 51.

“1 Salmo di Davide, quando il profeta Natan venne da lui, dopo che Davide era stato da Batsceba. Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti. 2 Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; 3 poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. 4 Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi. 5 Ecco, io sono stato generato nell’iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato.” (Sal 51:1-5 NRV)

Ricordiamo che Davide scrisse questa confessione perché lo Spirito Santo lo guidò a scriverlo, in modo che fosse un esempio per tutti i credenti. Infatti qui abbiamo un chiaro esempio di che cosa sia il vero ravvedimento, e che cosa voglia dire confessare veramente un peccato.
Notiamo che Davide non si scusa minimamente. Non spiega minimamente il perché ha commesso quel peccato. Infatti, quando noi spieghiamo il perché di un nostro peccato, è quasi sempre un modo di cercare di scusarci almeno parzialmente. Chi cerca, anche minimamente, di spiegare il perché di un suo comportamento peccaminoso in modo da essere trovato così meno colpevole, non è ancora veramente ravveduto, e non sta veramente confessando il proprio peccato.
Tornando a Davide, egli non dice nulla dei motivi che lo spinsero a peccare, ma piuttosto mette tutta l’enfasi sulla gravità del peccato che aveva commesso. Leggiamo ancora il v. 3: riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò che è male agli occhi tuoi.
Questo è una vera confessione di un peccato. Questo è ciò che Dio intende quando dichiara che chi confessa il suo peccato sarà perdonato.
Una qualità evidente che possiamo notare nella confessione di Davide è la sua tristezza per il peccato commesso. Una vera confessione nasce da un vero ravvedimento, che è il risultato di una vera tristezza per il peccato. Però, il fatto che uno sia molto triste dopo che ha commesso un peccato non vuol dire che è veramente triste per il suo peccato. Cioè, è molto possibile che uno sia triste, non per il peccato in sé, ma piuttosto per le conseguenze temporali che il suo peccato potrà causare.

Il peccato che l’uomo porta con se come un macigno ogni giorno aumenta sempre più i fatti accaduti in questi giorni nell’ambiente del calcio, che bene o male, più o meno riguardano tutti in quanto sono parte di questa società e influiscono in modo diretto tutti, anche se qualcuno dice che non tifa o non tiene per nessuna squadra. La squadra in questo caso non c’entra, purtroppo c’entrano tante altre cose, perché il calcio è rimasto una delle più grosse industrie di questa misera Italia.
Chi allora deve confessare?
Chi allora si deve pentire?
Non credo che sia solo Moggi, ma tanti altri, forse a lui è richiesto da parte del Signore la parte più importante, più ardua, quella di non giustificarsi, ma quella di dire tutto, di confessare di come è iniziato e perché, ma soprattutto di capire che il pentimento di quello che ha fatto non sarà rivolto solo a noi poveri stronzi.